1. Gautama si rivolse a Sanatkumara dicendo:
“Saggio Signore, che conosci tutti i Dharma e sei esperto in tutti gli Śāstra, ti prego, indicami il cammino da seguire per comprendere la Brahma-Vidyā (la conoscenza dell’Assoluto)”.
2. Sanatkumara rispose:
“Ti insegnerò, Gautama, la dottrina fondamentale (tattva) così come la espose Pārvatī (moglie di Śiva) dopo aver compreso tutti gli insegnamenti di Śiva e aver analizzato completamente tutti gli Śāstra”.
3. Sanatkumara continuò:
“Questo insegnamento è molto segreto e il yogī deve custodirlo con cura come un grande tesoro; l’insegnamento permette di comprendere la natura di hamsa; il praticante raggiungerà così la liberazione e la conoscenza pura (di Brahman); pertanto, non deve essere rivelato in dettaglio a chi non sia sufficientemente qualificato per assimilare tali risultati”.
4. Sanatkumara proseguì:
“Ora ti spiegherò in dettaglio la vera natura di hamsa, per il beneficio del brahmachārin (studente di yoga) che ha dominato i propri sensi e venera il suo guru.
5. Chi comprende l’Essenza Suprema che risiede in ogni essere come la presenza intrinseca del fuoco nelle braci o dell’olio nei semi di sesamo, non incontrerà mai la morte.
6. Contraendo l’ano (aśvinī mudrā) con il tallone contro il perineo, si deve elevare il vāyu (prāṇa o kuṇḍalinī) a partire dal mūlādhāra cakra (chakra della radice) e far compiere tre giri al svādhiṣṭhāna cakra, attraversare il maṇipūra cakra, oltrepassare l’anāhata cakra e controllare il prāṇa nel viśuddhi cakra; poi si raggiunge l’ājñā cakra e si medita nel brahmarandhra (nella testa); in questo modo si comprende che la vera natura del Sé è priva di forma.
7. Il śiśna (pene) ha due lati (sinistro e destro, guardando verso il basso). Esso è in realtà paramahaṃsa (il supremo haṃsa, o Sé supremo), con lo splendore di miriadi di stelle, grazie al quale nasce (viene fecondato) tutto l’universo.
8. Questo hamsa, che ha buddhi (intelletto) come veicolo, ha otto vṛtti (pulsazioni) nel loto del cuore.
9. Quando si contempla hamsa nel petalo orientale, la persona si inclina verso una grande attività; nel petalo sud-orientale sorgono sonno, pigrizia, ecc.; nel petalo sud c’è inclinazione alla crudeltà; in quello sud-occidentale, inclinazione ai peccati; in quello occidentale, inclinazione all’attività sensuale; nel nord-occidentale, desiderio di camminare; in quello nord, desiderio di lussuria; nel nord-orientale, desiderio di accumulare ricchezza; al centro (negli spazi tra i petali), indifferenza ai piaceri materiali.
10. Quando si contempla hamsa nel gambo (del loto del cuore), sorge lo stato di veglia; nel pericarpo appare svapna (sogno con immagini); nel bīja (seme del pericarpo), appare suṣupti (sonno profondo, senza sogni); lasciando il loto, si manifesta turīya (quarto stato).
11. Quando hamsa è assorbito in nāda (suono mistico), si raggiunge uno stato al di là del quarto. Nāda (che è al limite del suono e oltre la parola e la mente) rimane come cristallo puro ed estende sé stesso da mūlādhāra a brahmarandhra. Questo è veramente Brahman o Paramātman.
12. In seguito si tratta il ajapa gāyatrī: ora hamsa è il ṛṣi; la metrica è avyakta gāyatrī (l’inmanifestato); paramahaṃsa (l’Assoluto) è la devatā (divinità presiedente); ham è bīja (seme); sa è śakti; so’ham (il suono dell’aria nel respiro) è kīlaka (la chiave, unione). Si compone (pertanto) di sei forme.
13. Si producono 21.600 hamsa (respiri) durante un giorno intero. Saluto a Sūrya, Soma, Nirañjana (il puro) e Nirābhāsa (l’illimitato).
14. Ajapa mantra: che il sottile e senza forma sia una guida (e illumini la mia comprensione). Ora si deve praticare la contemplazione aṅga-nyāsa e kara-nyāsa (recitando il mantra nel cuore e in altri luoghi).
15. Dopo aver fatto questo, si deve contemplare hamsa (il cigno mistico) come ātman nel cuore; agni e soma sono le sue ali (lati destro e sinistro); oṃkāra è la sua testa; ukāra e bindu sono i suoi tre occhi e il volto, rispettivamente; Rudra e Rudrāṇī (Śiva e Śakti) sono i suoi piedi.
16. Kañṭhāta (la comprensione dell’unità tra jīvātman o hamsa, il Sé individuale, e paramātman o paramahaṃsa, il Sé assoluto) si realizza in due modi: saṃprajñāta e asaṃprajñāta.
17. Dopo questo, unmanī (stato di realizzazione oltre la mente) si trova alla fine del ajapa (mantra). Riflesso così nella mente (manas) tramite questo (hamsa), si ascolta il nāda come frutto di lunga recitazione di questo ajapa. Nāda ha dieci forme (livelli) di manifestazione.
18. La prima è cini (come il suono di questa parola); la seconda è cini-cini; la terza è il suono del campanello; la quarta è quello della conchiglia; la quinta del tantiri (liuto); la sesta il suono del tāla (cembali); la settima del flauto; l’ottava del bherī (tamburo); la nona del mṛdaṅga (doppio tamburo); e la decima è il suono delle nuvole (cioè del tuono).
19. Si può sperimentare il decimo senza passare per i nove suoni precedenti (tramite iniziazione da un guru).
20. Nella prima fase, il corpo vibra con cini-cini; nella seconda, c’è un tremore (bhañjana) nel corpo; nella terza, c’è una penetrazione (bhedana); nella quarta, la testa trema; nella quinta, il palato produce nettare (amṛta); nella sesta, si gusta il nettare dell’immortalità; nella settima, sorge la conoscenza segreta (del mondo); nell’ottava, si perfeziona la parola (para-vāk); nella nona, il corpo diventa invisibile e si sviluppa la visione divina; nella decima, si raggiunge l’identificazione del para-brahman con ātman, che è brahman (identificazione con l’Assoluto).
21. Dopo ciò, una volta distrutto o dissolto manas, che è la fonte di saṅkalpa e vikalpa, e con la distruzione di questi due, quando sono distrutti virtù e peccati, allora brilla come Sadāśiva con la natura di śakti che lo pervade tutto, risplendente nella sua vera essenza, immacolato, eterno, puro e il più puro oṃ.
Così insegna il Veda; così è l’Upanishad.